Scrivere da nemico pubblico | Cataldo Dino Meo

Le parole sono il risultato di ferrea
disciplina, pratica vigliacca, addestramento
ai pestaggi, quarzo nero dinamitardo,
bastonature digrignanti, impietose.

Occorre scrivere per gesto
d’adrenalina infame, negromanzia
vendicativa, che imprima il sigillo
bruciante dell’atto terroristico.
Sabotaggio luddista, micidiale,
lucido posto di blocco che sbarri l’avanzata
strafottente della centraltà umana.

Scrivere non sia più salario dei docili
alla tavola imbandita del collaborazionismo,
ma traumatica via crucis, sostanza
caustica di clamorosa ecatombe,
ballo mascherato per folli prigionieri,
fucilazione alla schiena nel grottesco
luna park per pendagli da forca.

Scrivere deve portare a rovinarsi la vita,
promettere che non sarà mai conoscenza
di se stesso, e nemmeno terapia-rifugio
per artisti incompresi, scialbi molluschi
dediti alla commiserazione anemica,
alla mediazione tra sicari.

Chi scrive, lo faccia con essenze di profumo,
pratichi l’omicidio seriale,
disponga imboscate, rapimenti dei seguaci
nelle case, eserciti la solenne autorità di eliminarli
a suo piacimento, avendo altresì premura
di soggiogare i nuovi, ulteriori proseliti,
ai quali avrà, preventivamente, estorta la vista,
cavato gli occhi.

Le parole che non uccidono lavorano per il nemico.
Les Chants de Maldoror, Isidore Ducasse, Conte di Lautréamont

Testo e voce di Cataldo Dino Meo
Tratto da Sposto il limite (Agenzia X, 2023)
Resa sonora di Arasonus

Cataldo Dino Meo (1949), è un poeta e performer. Negli anni settanta ha fondato il collettivo e la rivista Poesia metropolitana. Ha organizzato diverse rassegne di poesia accompagnata da musica, danza e video. Ha pubblicato numerosi libri in autoproduzione. Chi ha visto un suo live non può dimenticarselo.

Lascia un commento