Cosa c’è di più sconcertante di una città che brucia in attesa del suo ultimo giorno? La risposta nelle Fortune di Alexander Sand (Zona42 edizioni) vi lascerà perplessi e non la troverete qui, ma un fatto è sicuro: la soluzione proposta da Francesco Cane Barca al senso del crepuscolo della civiltà, ovvero ciò che spinge l’intera umanità a progredire, c’entra con il cadavere della figlia del boss, un investigatore alcolizzato, gli amici dell’investigatore, il cane dell’investigatore e il sogno di scappare in Argentina.
Tutti questi elementi sono allacciati tra loro da un elemento: la fortuna, che governa l’intera dinamica del primo romanzo di Cane Barca, volume arricchito da una postfazione acuta di Michele Vaccari, autore del bel libro “Buio Padre” edito da Marsilio.
Infatti, a differenza del tradizionale noir mediterraneo che si snoda tra la ricerca degli indizi in una città di mare e le testimonianze di puttane e brutti ceffi, l’intreccio dei fatti e dei personaggi è legato al destino e non all’indagine. Una caratteristica peculiare delle 175 pagine, dichiarata sin dal titolo e dall’incipit, oltre ad essere ben disseminata lungo le nevrosi del detective privato Sandro, ovvero Alexander Sand, il quale, un po’ per indolenza, mai compirà una scelta e sempre verrà travolto dagli eventi.
Introdurre un elemento così repentino all’interno di un genere letterario conosciuto – e gestirlo così bene – è un gesto da pochi scrittori. Ed è anche l’unico elemento concretamente soprannaturale rispetto alla distopica Genuana in fiamme. Infatti, la fortuna irrompe nella realtà di Alexander ed il protagonista ne è cosciente, tanto da rimanere turbato da una condizione di benevolenza che così ferocemente lo governa per tutta la durata del suo arrancare tra i vicoli.
La città portuale di Genuana è in fiamme e in balia della “guerretta”, una rivolta rabbiosa, stanca e rassegnata alla fine. Ma più che una distopia è il futuro che ci spetterà, prima o dopo.
Ecco un’altra cosa difficile da fare: raccontare Genova, un intreccio di vie come le “Fortune di Alexander Sand” sono un dedalo di generi letterari. Il trait d’union questa volta non è la fortuna ma la voce e lo stile di Francesco Cane Barca. L’uso delle parole céliniano è giocoso, frenetico e vivace, a tratti ironico, fino al punto di fare ricorso ripetutamente parole in genovese stretto all’interno dei monologhi interiori del detective Sandro. Curioso è anche l’utilizzo delle virgole solo nei fitti dialoghi diretti, che sono il vero contraltare realista del romanzo, ancora di più delle pagine del diario interiore del giovane futuro Sand, che, come un assolo, attraversano la storia.
Il libro, ben curato, è anticipato da una copertina post-apocalittica di Annalisa Antonini per Zona42, certamente una casa editrice indipendente che sta facendo parlare di sé per le sue pubblicazioni attuali con lo spirito del tempo e della narrativa, anche per aver compreso la raggiunta maturità letteraria di uno dei fantomatici pionieri dell’underground delle riviste.
Cosa c’è di più sconcertante di una città che brucia in attesa del suo ultimo giorno?
L’amore, ovviamente. È questa l’unica fortuna mancata di Alexander Sand?
