Diluvio ed esposizione universale | Paolo Cerruto

Milano, 1 agosto 2015

Vi scrivo da un sottotetto di porta Venezia, dove fortunatamente vivo. Oggi son tre mesi che piove ininterrottamente sulla pianura padana. Il tg dice che l’acqua ha raggiunto l’altare del Duomo. Ha iniziato a piovere il primo maggio, giorno di inaugurazione dell’Expo, e non ha più smesso, con una media di più di tre centimetri d’acqua al giorno. Nutrire il pianeta è il sottotitolo dell’esposizione universale, e il pianeta Terra ha voluto prenderci in giro o forse sottolineare quanto lo stiamo sfruttando. Le ultime colate di cemento su Milano hanno coperto gli spazi verdi residui, gli unici in grado di assorbire l’acqua. L’asfalto ha fatto da fondale dell’immensa piscina che è diventata questa città. Dalla finestra osservo il canale Buenos Aires, finalmente libero da insegne e turisti; in lontananza si vedono spuntare le chiome degli alberi del parco di Palestro, private dei tronchi, come fossero mangrovie.
Tutti gli abitanti degli scantinati e dei piani terra si son dovuti trasferire; i prezzi delle case dal secondo piano in su sono schizzati alle stelle. I più ricchi, insieme ai catastrofici, si stanno accaparrando gli ultimi livelli dei grattacieli; i senzatetto hanno occupato la Torre Galfa, vicino alla stazione Centrale. I più lungimiranti, tra cui il sottoscritto, hanno acquistato una canoa gonfiabile da Decathlon in piazzale Cairoli, poco prima che venisse sommerso insieme alla rete della metropolitana. I primi giorni era bello vedere il fossato del Castello pieno d’acqua; da piccolo credevo che gli Sforza ci tenessero dei coccodrilli.Continua a leggere…

Il dito del re | Gabriele Stilli

Sângele apă nu se face  [1]
(Proverbio rumeno)

Portarono al re le carte dei suoi possedimenti. C’erano tutti i boschi, i campi e le fortezze, annotate una per una dalla perizia dei suoi scrupolosissimi geografi. E in ogni punto della carta egli aveva un emissario, legato col sangue; e tutti questi puntolini di sangue facevano tra loro una rete saldissima, e ogni regione era una pietra da custodire, una pietra salda su cui edificare.
Aveva spinto i cartografi ovunque, in ogni recesso di quel mondo sconosciuto, a migliaia e migliaia di pertiche lontano; nel gelo delle montagne, in paesi minuscoli, inaccessibili, circondati da foreste e radure, paesi che quando cade la neve scompaiono, rimangono bianchi, bianchissimi: li aveva mandati in mezzo ai deserti, nelle profondità dei mari, quello di sopra e quello di sotto, fino alla terra del Signore, l’incredibile Gerusalemme, a vedere il grande cerchio del Santo Sepolcro. Come aveva fatto Alexandros, il grande re di tutti i tempi, che prima di mettersi in viaggio faceva correre esploratori per tutta l’Asia: e la conquistò, la sottomise tutta, senza tralasciarne un palmo.
Quanto si sa su di lui, il re l’aveva letto. Si era fatto copiare dal vescovo due libroni, e li custodiva insieme al sacro tesoro; li mandava a memoria in modo che entrassero nelle sue fibre, scendessero nel suo corpo, e lo spirito del condottiero lo guidasse.Continua a leggere…