Gli Osso Sacro sono un trio sannita che unisce i fratelli Carlo e Corrado Ciervo, musicisti e polistrumentisti di Benevento, con il poeta e performer sannita Vittorio Zollo. Il progetto Osso Sacro unisce la ricerca delle radici tradizionali con la sperimentazione sonora. Un modo nuovo di fondere la tradizione musicale con l’elettronica, la ricerca di testi tradizionali, improvvisazione teatrale e performance.
Il loro lavoro è stato premiato in varie occasioni, tra cui la IX edizione del Premio Alberto Dubito nel 2021. Urla dal confine è il loro primo album, uscito per la poetry label bolognese ZPL, e come suggerisce il titolo, si concentra sulla questione delle frontiere e della migrazione, con una forte attenzione alle tematiche sociali e politiche. Le poesie presenti nell’album affrontano in modo critico la questione delle barriere tra i popoli, la sofferenza e la fatica degli immigrati, la violenza della guerra e l’alienazione sociale. La musica spazia dal rock all’elettronica, con sonorità che si ispirano alla tradizione popolare mediterranea.
Tra le canzoni più rappresentative dell’album, la title track Urla dal confine, Demetra col tamburo e Pruserpina, tutti brani dove l’italiano si mescola alla lingua natìa di Zollo, quella campana, nella ricerca della costruzione di un nuovo mito, distante da quello religioso e più vicino al rito pagano, che unisce riferimenti classici a figure del cristianesimo. In particolare, il testo di Pruserpina, che prende a prestito il titolo da una poesia di Sylvia Plath, esempio di bellezza formale e profondità di sguardo, parla dell’emigrazione, della perdita delle radici e della ricerca di una nuova identità. Il testo affronta il tema della migrazione dal punto di vista della Proserpina, la dea romana del mondo sotterraneo, che rappresenta la figura del migrante che cerca di ricostruire la propria vita in un nuovo paese.

La figura di Proserpina viene utilizzata come metafora della condizione del migrante, che cerca di adattarsi al nuovo ambiente, ma che allo stesso tempo cerca di mantenere la propria identità e le proprie tradizioni. La canzone è caratterizzata da un sound sperimentale e dalle sonorità del pianoforte e del violino, che contribuiscono a creare un’atmosfera malinconica e struggente. Quel che si evince dal brano è una condizione inedita della figura del migrante, che non vaga sulla Terra per punizione divina ma per grazia, essenza della sua stessa umanità.
PRUSERPINA
Rubare il fuoco per poco
Donarlo a chi ora minaccia
La stessa roccia alla quale incatenata fosti
E fatti non foste a viver da titani
Nella scintilla che mi vibra tra le mani e nelle nubi
Vedo nuovi satelliti squarciano il cielo di Scizia
Annego
La solitudine del raziocinio di Ipazia
E so che non è semplice
Crollare restando in piedi
Ma un vento lontano riporta quell’eco
Di una relazione tra il fulmine e Teti
Tutti tra chi dimentica il dramma
Ade decide di dati di doti di dita di Dite di vite di steli recisi
Easy, arde ‘a gramegna nei campi elisi da mis’
E mancano i surris’ int’ ‘i pais’
Stu fuoc’ m’eccis’, è cris’
Brucia ‘ngoppa a ‘sta pelle ‘na fiamma ribelle
Prometeo contadino, Sant’Antonio anacoreta
È sul quann’ chiude l’uocchi, ca uno pe’ vero se sceta
E sanguina ancora l’occhio dell’aquila
E appare come la vergine a Fatima
Il dio che commosso ci donò il fuoco
Che ci generò dall’Olimpo malato
Sulla cima di Atlante passando
Summonte s’arrampica a gente
Pe’ Mamma Schiavona
Nun è contemplato ‘u respiro
Affannato se saglie pe’ grazia
E no’ ‘p punizione
Cu fegat’ rutt’ pe’ via d’u supplizio
‘A criatura resiste a ci s’a magna viva
‘Na foglia d’aliva int’a l’acqua sorgiva
Se secca, è abusiva
Ma è calore estiv’
‘Stu fuoco ca coce
E nun truammo pace
Accussì vann’ ‘i cos’
E nun tene riposo
Essa porta ‘stu peso
Dalla notte dei tempi
Pe’ l’eternità
E sanguina ancora l’occhio dell’aquila
E appare come la vergine a Fatima
Il dio che commosso ci donò il fuoco
Che ci generò dall’Olimpo malato
Pruserpina in catene ai confini del mondo
Ripensa a Prometeo ed Atlante assieme
Se perde ‘ntu mit’ ricorda Afrodit’
Ancora un grido muto che da lei proviene
Accetta la nemesi oppure rigetta
Il seme del demonio che origina l’ira
È ancora criatura innocente e perfetta
Sfiorandosi il ventre se spezza ‘u respir’
No no ‘n ce sta modo è l’eterno riposo
Mo o accetto ‘a mimosa o faccio com’ a Erode
Accussì vann’ ‘i cos’
E nun tiene riposo
Essa porta ‘stu peso
Dalla notte dei tempi
Per l’eternità