Mani venose | Hasti Naddafi

Mani venose le sue.
Lei che per la stanza si trascinava
con gli occhi gridava.

Il suo manto caduto a terra
con lei strisciava a raccogliere 
tutta la polvere lasciata indietro.

Nel turbinio pulviscolare aleggiava
lei, bellezza plumbea, come roccia focaia.

Mani venose le sue.
Parevan radici di sangue
che lacerare volevan la pelle.

Linfa vitale secerne dagli arbusti
che come falangi teneva.

Stride le unghie 
sul suo corpo di pietra.
Di scintille s’irradia l’atmosfera.

Il fuoco comincia a divampare.
Il punto di fusione sta ad aspettare.
Come candela inizia a bruciare.

Dai suoi fianchi cola cera
come fosse l’eruzione
d’una infezione purulenta.

Comincia a liquefarsi.
Scerne cenere e fiamme 
anziché amarsi.

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