Dalla crime fiction al noir, dal poema cavalleresco alla distopia, dal war movie alla fantascienza, la letteratura si è sempre occupata del rapporto conflittuale dell’essere umano rispetto a ciò che lo circonda e non gli consente di esaudire i suoi innati desideri e le sue naturali pulsioni. Si parte dalla forma classica con il rapporto conflittuale tra uomo e natura, che si tramuta nello scontro omerico uomo-contro-uomo e finisce per arrivare, con l’avvento della modernità e successivamente alla rivoluzione francese, allo scontro uomo-contro-Dio. Vi è una letteratura ben disposta in questo senso, che va da Dostojevskij a Lautréamont e, in linea di massima, pone le angosce dell’uomo moderno in rapporto alla società stessa o, per dirla à la Sartre, “gli altri”. È l’inizio dell’era moderna, i bisogni dell’uomo sono profondamente cambiati ma, nella sua immutata volontà di espandersi e progredire, sente ancora il bisogno di un conflitto che non ponga come principio di fondo il giudizio divino. Assistiamo così a ciò che l’esistenzialismo francese ci ha abituati a considerare come inevitabile ed eterno: la condizione nichilista dell’uomo in reazione all’assenza di un principio ordinatore. Non a caso, ciò che mette in scacco l’esistenza di Kafka non è tanto il concetto di lecito e non lecito, quanto i terribili fantasmi che infestano la società in cui vive: il lavoro, la legge, la famiglia.
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Thomas Pynchon e le battaglie di domani
Così come “Vineland” di Thomas Pynchon è una straordinaria fotografia dell’epoca del “riflusso” degli anni Ottanta, segnato da figure politiche senza scrupoli come Ronald Reagan, “Una battaglia dopo l’altra” di Paul Thomas Anderson è uno spaccato degli Stati Uniti di oggi, dove il suprematismo bianco e i centri di detenzione per migranti sono la realtà quotidiana.
