Flash-foward! | Charlie Nan

Oltre i docks dai muri zozzi di gasolio e il sudore e le bestemmie dei marinai, il mare disperdeva le sue acque. La Queen’s Mary era appollaiata all’orizzonte, una Venere d’acciaio devota a San Giorgio, che puntava verso il cielo tutta la batteria di cannoni e antenne varie, un’imperfezione che interrompeva la linea del tramonto di quel martedì di maggio alle 18.32.
Appresso lo scafo a picco della corazziera, un J/70 Speedster guadagnava alla bolina, lega dopo lega, un nuovo orizzonte; al timone Tom Hoak disse a Jess di slacciare il fiocco anche se Jess lo stava già facendo; Jess studiava medicina al King’s College ma se essere un veggente fosse stato un lavoro avrebbe fatto il veggente; sapeva ancora prima di sapere e udiva ancora prima di udire e se avesse potuto avrebbe agito ancora prima di agire.
Essere un veggente in pieno 2017 è una vera menata: brandelli di immagini del futuro scorrono come la pellicola di un film ma senza opzioni nelle scelte e nelle interpretazioni, senza che le conseguenze abbiano alcuna causa.Continua a leggere…

L’iconoclastia di Giordano | Charlie Nan

La tramontana può essere calda verso fine estate, un vento meglio noto come «Foehn». Il termine sta a indicare un vento caldo e secco, con spiccate caratteristiche «catabatiche» – ossia discendenti – che si attiva ogni volta che un flusso d’aria, esteso alle varie quote, è costretto a scavalcare una catena montuosa che si trova nella sua traiettoria. Il «Foehn» è un vento frequente in Italia, sia lungo la catena alpina che sulla dorsale appenninica, dove le correnti che rispondono a queste caratteristiche vengono definite «Garbino» – il Foehn degli Appennini.

Giordano divenne iconoclasta all’1.39 del mattino del 13 settembre 2016: il vento cuoceva a 45 milioni di gradi il sonno e le labbra dei ragazzini – i vuoti di bottiglia e due zingare con le gonne larghe rattoppate che parlavano ad alta voce ad un vecchio cellulare modello sunnypeople nerazzurro – un ubriaco dall’addome gonfio, che pareva un bonzo addormentato su di uno scalino tra le spire delle tramontana calda, che aveva ancora addosso la felpa dell’azienda per cui aveva smesso di lavorare da almeno 10 anni.
Genova a metà settembre, con il ritorno degli studenti, tende a riabilitarsi all’ordine pubblico, con qualche ronda della polizia ad ammanettare lo spaccino di zona. Nel mentre, sulle guance di Giordano soffiavano gli ultimi giorni dell’estate cittadina, e attraversava Piazza delle Vigne con l’intenzione di scendere verso il porto. Passando di lì ancora una volta, non poteva sopportare la vista delle sei figure alte almeno tre metri, avvolte nelle loro toghe da dotti, che campeggiavano accostate due a due a partire dall’insegna del tipografo, e a salire proseguendo fino a che lo sguardo di Giordano giungeva alla cima dei palazzi che intingono i tetti nella notte buia. Forse si trattava di notabili genovesi del ‘600 – essendo il palazzo del ‘600, così come riportato dalla targhetta per i turisti.
Le sei figure erano state dipinte in prospettiva e pertanto continuavano da centinaia di anni ad osservare qualsiasi passante, e se ce ne fossero stati di più, sarebbero stati fissati tutti nello stesso tempo. Dunque non fu difficile per Giordano trovare un motivo per diventare iconoclasta. Infatti, i servigi forniti alla città dalle sei figure di notabili genovesi non potevano essere sufficienti ad acquisire un tale diritto centenario – ma visto che a Giordano tale pensiero pareva un po’ troppo “socialista”, s’era messo a riflettere ancora, e alla fine aveva concluso che i sei notabili si erano arrogati scientemente il diritto di campeggiare dai muri sulle teste delle persone. Questo pensiero gli risultava intollerabile.
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