Immaginate di essere adolescenti a Dublino nel 1985. Nella vicina Inghilterra siamo nel sesto anno consecutivo del governo Thatcher.
Nell’Irlanda del Nord occupata dai britannici, oltre il confine immaginario che dal 1922 separa la Repubblica d’Irlanda dalla terra ancora sotto il dominio della Corona, continua a combattersi la battaglia per l’indipendenza.
In televisione, sulla principale emittente radiotelevisiva della Repubblica irlandese, passano le immagini di un gruppo di musicisti scalcagnati, vestiti a metà strada fra i Teddy Boys e dei vagabondi, che suonano melodie celtiche con la velocità e l’aggressività del punk.
Il cantante, uno sghembo spilungone con orecchino corsaro e denti piorroici declama:
“Quando ti sei pisciato addosso a Francoforte
E hai preso la sifilide a Colonia
E hai sentito il rumore dei treni della morte
Mentre giacevi lì tutto solo
Frank Ryan ti ha offerto un whisky
in un bordello a Madrid
E hai fatto fuori una fottuta camicia nera
che malediceva tutti gli ebrei
Al letto di morte di Cuchulainn
Ci inginocchieremo e diremo una preghiera
Mentre i fantasmi fanno sbattere la porta
E il diavolo è seduto accanto a te…”
La forma è folk, ma l’urgenza è punk, e questo connubio si riflette tanto nella musica quanto nelle liriche che citano il miliziano dell’IRA Frank Ryan (1902-1944), che, dopo aver combattuto contro gli inglesi durante la guerra civile, s’imbarcherà alla volta della Spagna per unirsi alle brigate internazionali e combattere contro i falangisti di Francisco Franco e che, dopo essere stato catturato dai fascisti italiani, morirà di stenti in un lager nazista.
La canzone è The Sick Bed of Cuchulainn (in riferimento all’eroe semidivino della mitologia irlandese Cú Chulainn), traccia d’apertura di Rum Sodomy & the Lash, il secondo disco dei Pogues, band anglo-irlandese capitanata da Shane MacGowan, morto il 30 novembre 2023.
Ricordato per la sua vita di eccessi, spesso si dimentica il forte influsso che il socialismo e il nazionalismo irlandese hanno avuto nella sua poetica.
FIELDS OF ATHENRY

Shane viene al mondo la notte di Natale del 1957.
I primi anni di vita li passa a Tipperary, una piccola cittadina nel sud dell’ Irlanda, in una casa ricca di icone religiose (la famiglia MacGowan è cattolica) e povera di servizi.
“Non avevamo acqua corrente e riscaldamento” ricorda Shane nel documentario The Hunger (1997). “Ma era comunque splendido vivere lì”. In Crock of Gold (Julian Temple, 2020), il documentario sulla vita di MacGowan, il cantante ricorda:
“Era una fattoria piena di straordinari uomini e donne irlandesi. Il mio eroe era mio zio John, il proprietario: non parlava molto, ogni tanto diceva cazzo e poi ricominciava a stare in silenzio.”
Quando Shane ha 6 anni, si trasferisce insieme alla sua famiglia a Brighton, poiché il padre ha trovato un buon impiego nella catena d’abbigliamento C&A. È così che i MacGowan diventano parte della diaspora irlandese. Dal 1100 dC la popolazione celtica che aveva preso possesso dell’isola nel ‘600 aC subisce una continua serie di conquiste dagli anglo-normanni, che solo nel 1541, sotto il regno di Enrico VII, riescono a soggiogare l’intero Paese. Il regno d’Inghilterra comincia ad attuare una progressiva operazione di colonialismo d’insediamento, dove l’aristocrazia protestante si appropria della maggior parte delle terre, mantenendo la gran parte della popolazione in uno stato di povertà.
La morsa inglese si farà ancora più stretta con Cromwell nel 1653 e infine con l’Act of Union del 1801, in cui la Corona abolisce il Parlamento di Dublino e obbliga l’Irlanda a giurarle fedeltà.
Con l’Irlanda completamente subordinata all’Inghilterra, la miseria in cui versava la popolazione porta l’economia nazionale a essere fondata quasi unicamente sulla coltivazione di patate che però, nel 1845, vengono colpite da un oomicete, che devasta i campi e depaupera i cittadini del loro unico mezzo di sostentamento.
È l’inizio della “Grande Carestia” (in irlandese: Gorta Mór) che si protrarrà per quasi quattro anni con il sostanziale disinteresse della monarchia inglese, e che causerà più di un milione di morti.
Per sfuggire alla fame, masse enormi di persone malate e denutrite si riversarono nei mari verso gli Stati Uniti, il Canada e la stessa Gran Bretagna.
Proprio i Pogues comporranno una delle più famose canzoni sull’emigrazione degli irlandesi, Thousands are Sailing (1988), scritta dal chitarrista Philip Chevron:
“Navigano a migliaia
Oltre l’Oceano occidentale
Verso una terra di occasioni
Che qualcuno di loro mai vedrà”
A carestia conclusa, per tutto il secolo successivo, seppur con numeri meno importanti, gli irlandesi continueranno a migrare verso zone anglofone più ricche. I MacGowan erano solo una famiglia tra le tante che andava in Inghilterra per “cercar fortuna” e sperare prima o poi di tornare in patria da “benestanti”.
Shane, infatti, racconta in A Crook of Gold: “Mia madre credeva in questo mito di andare in Inghilterra a fare fortuna. Ma se eri irlandese era impossibile trasformarsi in ‘classe media inglese’ così, su due piedi, anche se trovavi un lavoro decente come fece mio padre”.
Per i “paddies”, slur razzista usato dagli inglesi per connotare dispregiativamente gli inglesi, era quasi impossibile integrarsi pienamente nella puritana società dei protestanti bianchi.
A complicare la situazione, le tensioni crescenti nell’Ulster, il Nord dell’Irlanda: la domenica del 30 gennaio 1972, a Bogside, un quartiere periferico di Derry, i paracadutisti britannici aprono il fuoco su una marcia pacifica che protestava contro l’internamento di cittadini sospettati di far parte dell’IRA. Ventisei morti e centinaia di giovani che, come risposta al massacro inglese, si arruolano nella Provisional IRA, ala scissionista dei ‘falchi’ dell’IRA.
Tutto questo contribuisce a rendere sempre più dura la vita dei MacGowan, che da Brighton si spostano a Londra: la madre di Shane cade in depressione, mentre egli reagisce con violenza al costante bullismo cui viene sottoposto.
Nel 1971 viene espulso dalla Westminster School perché trovato in possesso di LSD. Comincia quindi a guadagnarsi da vivere con lavoretti saltuari nei supermercati e nei cantieri, vivendo in prima persona lo sfruttamento della working class inglese.
È a questo periodo che si ispira scrivendo The Boys from County Hell, canzone contenuta nel debutto dei Pogues Red Roses for Me (1984).
Il testo narra di un gruppo di giovani ‘paddies’ emigrati presumibilmente a Londra (“Contea Inferno” era il nomignolo che i migranti affibiavano alla capitale inglese), resi feroci dalle condizioni di sfruttamento e povertà.
“Il primo giorno di marzo pioveva
Pioveva peggio di qualsiasi cosa avessi mai visto
Ho bevuto dieci pinte di birra e ho maledetto tutte le persone lì
Avrei voluto che tutta questa pioggia smettesse di cadermi addosso”
Il racconto di Shane si fa sempre più sboccato e violento, culminando in una rivolta di classe contro gli sfruttatori.
“A quel tempo, lavoravo per un padrone di casa
Ed era il bastardo più cattivo che tu abbia mai visto
E perdere un solo centesimo lo avrebbe addolorato terribilmente
Ed era un miserabile coglione e la puttana di un bastardo di una stronza
(…)
Ricordo che ci siamo presi cura di lui una domenica
Lo abbiamo tirato fuori dal retro e gli abbiamo rotto le sue palle di merda
E forse era un sogno e forse era vero
Ma tutto quello che so è che ho lasciato il posto senza un centesimo e affanculo tutti”
Nelle strofe conclusive il protagonista imbastisce un delirio mitomane asserendo di avere il padre “blueshirt” (i fascisti irlandesi), la madre “madama” ovvero tenutaria di una casa di tolleranza e il fratello reduce del Vietnam, mentre minaccia noi lettori:
“Io e i ragazzi siamo ubriachi e ti stiamo venendo a prendere,
mangeremo le tue viscere del cazzo
e non ce ne fregherà niente”.
Tutta la rabbia che Shane riversa in questo testo nichilista è la rappresentazione plastica, attualissima oggi più che mai, dell’odio che cova il proletariato migrante.
La rabbia di Shane si sfoga anche nell’autodistruzione, e di anno in anno il suo consumo di alcool e droghe diventa sempre più assiduo finché i genitori non fanno rinchiudere l’allora diciassettene in un ospedale psichiatrico, dove resterà sette mesi e che non farà altro che fargli accumulare ancora maggiore risentimento.
Ricorderà quest’esperienza nella strofa finale di Dark Streets of London, il primo singolo dei Pogues:
“E tutte le volte che ripenso al primo giorno dell’estate
Mi riporta indietro, fino al posto in cui facevano gli elettroshock
Ripenso agli psicotici imbottiti di farmaci con la morte negli occhi
E a come tutto questo non significhi più nulla per me”
In seguito Shane racconterà: “Non mi hanno mai fatto l’elettroshock, ma lo facevano a chiunque non fosse ‘controllabile’ in altro modo. Perciò sarò sempre pronto a firmare una petizione che lo vieti. Penso sia una cosa disgustosa.”
Come le seconde generazioni di oggi trovano uno sfogo della loro rabbia nella drill, così Shane la trova nel punk, durante uno dei primi concerti dei Sex Pistols: entra nel “Bromley Contingent”, l’ala più dura e più provocatoria dei fan dei Pistols, si rinomina “Shane O’ Hooligan” per via della sua attitudine a bere e fare risse e nel ‘77 appare su tutti i tabloid mentre sanguina da un orecchio ad un concerto dei Clash.
In ossequi alla regola del “Do It Yourself” forma un gruppo, i Nipple Erectors (i “rizzacapezzoli”), poi abbreviato in The Nips, in cui mostra già grandi doti di songwriters col suo mix di punk, power pop e rockabilly.
I Nips sono una band disimpegnata, i cui testi trattano di amore, feste e risse, ma in un movimento come quello punk in cui l’estetica era un mezzo fondamentale per esprimere la propria personalità, non devono sfuggire alcuni indizi di “orgoglio working class” nella loro immagine: niente borchie e capelli a spunzoni, niente giacche di pelle e retaggi glam rock, ma lunghi cappotti Crombie e pettinature pomapadour da Teddy Boys.
I Teds sono stati la prima sottocultura giovanile a nascere in Inghilterra da quei giovani che negli anni ‘50 erano stati folgorati dal rock n roll proveniente da oltreoceano ma, nel 1977, questa “moda” era ormai stata superata da decine di altre sottoculture e rimaneva patrimonio solo di qualche maturo membro della classe operaia.
Lo racconta perfettamente Irvine Welsh in Glue (2001), in cui il padre di uno dei protagonisti è un vecchio Teddy Boy musicofilo e socialista.
In questo contesto, la volontà dei Nips di recuperare aspetti estetici e musicali dal passato non è “retromania” ma la volontà di rimanere ancorati a una tradizione operaia e alla sua memoria storica.
Nel 1981 i Nips si sciolgono, e insieme al chitarrista dei Nips James Fearnley e a un gruppo di altri musicisti folk (ma tutti con un background punk), fonda i Pogues.
Il nome iniziale doveva essere “Pogue Mahone”, anglicizzazione dell’espressione gaelica irlandese póg mo thóin (“baciami il culo”) presente nell’Ulisse di James Joyce, poi – dopo pressioni dall’etichetta – decidono di moderarsi rinominandosi in “The Pogues”.
Nell’84 esce il primo album, Red Roses for Me.
Il titolo cita l’omonima opera teatrale scritta nel 1943 dal drammaturgo socialista di Dublino Sean O’ Casey, una storia ambientata durante la serrata di Dublino del 1913, quando nell’agosto di quell’anno i padroni delle fabbriche negarono l’accesso ai lavoratori irlandesi come ritorsione per la sindacalizzazione di questi ultimi; la serrata durerà sette mesi, finché gli operai ridotti alla fame non capitoleranno. Da questa operazione di violenza padronale, però, portò alla formazione dell’Irish Citizen Army, un gruppo paramilitare a difesa dei lavoratori capitanato da socialisti Jim Larkin e James Connolly che sarà fondamentale pochi anni più tardi.
Ci torneremo a breve, intanto qualche veloce cenno sulla musica di questo disco: l’irruenza e la velocità del punk ci sono ancora, ma è tutto il resto a cambiare.
L’elettricità è bandita, gli strumenti sono tutti acustici e legati alla tradizione irlandese, dalla fisarmonica al thin whistle fino al… vassoio per bevande, usato nelle più rocambolesche e alcoliche canzoni del folklore celtico per il peculiare rumore che fa quando viene sbatutto sulla testa del primo malcapitato di turno.
Anche la tracklist è apparentemente “anacronistica”, con ben 5 “traditional” su 13 brani.
Fra i pezzi originali, oltre a quelle già citate, è doveroso l’opener Transmetropolitan che, come dice Roberto Oliva in Shane MacGowan & The Pogues – Fuori dalla Grazia di Dio (Arcana, 2024), è una “una specie di mappa londinese della devastazione”.
“Nei parchi rosati dell’Inghilterra, ci siederemo e berremo un sorso
vino e sidro fino a non riuscire quasi più a pensare
E andremo dove ci porteranno gli spiriti, in paradiso o all’inferno
E faremo omicidi sanguinosi, nella città che tanto amiamo”
Ancora rabbia “maranza”, la rabbia di chi si sente escluso per motivi di razza e classe dal consesso sociale, sempre stabilito dalla classe dominante, e che allo stesso tempo si ritrova incagliato in un luogo che lo respinge e trattiene allo stesso tempo. La traccia si snoda in versi sempre più violenti, che non risparmiano né gli oppressori (“prenderemo d’assalto la BBC”) né gli oppressi.
DIRTY OLD TOWN
La narrazione delle condizioni del proletariato non si focalizza solo sulla teppa, ma anche verso i “vinti” dalla povertà.
The Old Main Drag, la seconda traccia di Rum Sodomy and the Lash, narra la storia di un giovanissimo vagabondo che arriva a Londra a sedici anni in cerca di fortuna.
Ma presto, scopre una realtà ben più cupa:
“Lì i nerboruti e le trans sfilavano con stile
E i vecchi pieni di soldi ti lanciavano un sorriso
Nel buio di un vicolo, puoi lavoare per cinque sterline
Un lavoretto di mano, lì, sulla vecchia strada principale”
Sembra di leggere la storia di D. Hunter narrata nel romanzo autobiografico Chav, l’adolescenza sfruttata di un sottoproletario inglese. Ma, a differenza di Hunter, il protagonista della canzone non trova uno sbocco nella lotta di classe.
“Una sera, mentre ero sdraiato a Leicester Square,
sono stato catturato dai poliziotti e preso a calci nei coglioni
Tra le porte di metallo di Vine Street,
Sono stato picchiato e preso a calci
Hanno rovinato il mio bell’aspetto
Sulla vecchia strada principale.”
Lo stesso tema viene ripreso nell’album successivo con la sua canzone più famosa, ancora adesso canzone numero 1 nei Natali d’Inghilterra: Fairytale of New York.
È la storia di un senzatetto di New York che sta passando la notte di Natale in cella, a smaltire la sbornia, quando un altro ubriacone comincia a cantare The Rare Old Mountain Dew, una ballata popolare irlandese, e il protagonista comincia a sognare un dialogo con la sua compagna, anch’essa probabilmente clochard; fra i due è un botta e risposta fatto di ricordi dei tempi in cui erano due giovani migranti in cerca di fortune e speranze presto distrutte da povertà, droga e alcool.
C’è un lampante riferimento alle disparità di classe della società capitalista statunitense, proprio quando attacca la voce femminile:
“Hanno macchine grosse come banconi da bar
Hanno fiumi d’oro
Ma qui il vento ti passa da parte a parte
E non è un posto per vecchi
Quando mi hai preso la mano la prima volta
Una fredda vigilia di Natale
Mi hai promesso
Che Broadway stava aspettando proprio me”
Il dialogo fra i due si fa violento, ricco di insulti che, negli ultimi anni, varranno anche alcune censure dalle radio, prima che l’ubriacone si lasci andare a una commovente dichiarazione:
“I miei sogni li ho costruiti intorno a te”
Ad accompagnare Shane c’è Kirsty MacColl. Suo padre è Ewan MacColl, famoso cantautore inglese di ballate di protesta, membro prima della Young Communist League e poi del Partito Comunista inglese, e autore del classico “Dirty Old Town”, coverizzato poi dai Dubliners e dagli stessi Pogues, un inno d’amore operaio nella città industriale di Salford:
“Sto andando a prendere un’ascia ben affilata
Di acciaio brillante temprato nel fuoco
Ti abbatteremo come un vecchio albero morto
Lurida vecchia città, lurida vecchia città…”
Kirsty inizia la sua carriera musicale nel punk per poi raggiungere il successo pop nel 1985 con New England, un brano scritto da Billy Bragg, celebre cantautore socialista britannico. A partire dal 1992, la MacColl organizza campagne contro il blocco statunitense a Cuba e partecipa a una delegazione in Cisgiordania e Gaza, firmando lettere di protesta contro le violazioni dei diritti umani da parte di Israele. Nel 2000, si unisce a un volo umanitario per portare aiuti in Iraq, violando le sanzioni, organizzato dallo scozzese George Galloway, parlamentare socialista e oggi collaboratore della testata libanese «Al-Mayadeen.»
Quello stesso anno, mentre fa immersioni subacquee in Messico con i figli, viene investita da un motoscafo guidato da Guillermo González Nova, un ricco oligarca locale.
Kirsty muore sul colpo proteggendo il figlio maggiore. Nova, al processo, verrà assolto da tutte le accuse.
RIFLES OF THE IRA

Perché a un certo punto della sua vita Shane sceglie di suonare musica tradizionale? Sicuramente c’entra la sua passione per i Dubliners o per Van Morrison, ma c’è qualcosa di più, che affonda le sue radici proprio nella terra d’Irlanda, e nella sua lotta contro la corona.
È il 2015, Shane è quasi del tutto pulito da droghe e alcool e sfoggia una dentatura nuova di zecca, forse la migliore che lui abbia mai avuto, e vive felice con la moglie giornalista Victoria Clarke.
In una intervista per il «City Journal» di New York, dichiara:
“Mi sono sempre sentito in colpa perché non ho dato la vita per l’Irlanda. Mi vergognavo di non aver avuto il coraggio di entrare nell’IRA; quindi, i Pogues sono stati il mio modo di superare quel senso di colpa”.
La nascita dell’IRA affonda le radici nell’Irish Citizen Army. Il 24 aprile 1916, il gruppo di James Connolly si unisce agli Irish Volunteers, un’organizzazione paramilitare legata all’Irish Brotherhood e impegnata nella causa nazionalista, dando vita alla rivolta di Pasqua.
Dalle ceneri della rivolta di Pasqua nascerà l’IRA (Irish Republican Army), che dal gennaio 1919 al luglio 1921 combatterà contro gli inglesi, portando infine alla firma di un trattato che sancirà la nascita della Repubblica d’Irlanda.
Tuttavia, l’Ulster, le sei contee del nord dell’Irlanda a maggioranza protestante, rimarrà sotto il controllo della corona britannica. Una parte dell’IRA continuerà quindi la lotta per l’indipendenza, mentre altre fazioni cercheranno una soluzione politica. A partire dalla fine degli anni ’60, le tensioni in Ulster sfoceranno in una fase di crescente violenza, conosciuta come “The Troubles” (1969-1998).
Nel 1971, il governo britannico introduce la politica di internamento senza processo, che consente l’arresto e la detenzione senza accusa di chiunque sia sospettato di appartenere all’IRA. Questi prigionieri vengono spesso rinchiusi nelle prigioni di sicurezza come Long Kesh (meglio conosciuta come “The Maze”), nei settori speciali chiamati H-Block. Gli H-Block erano strutture separate, ciascuna con celle disposte a forma di “H”, da cui deriva il nome.
Gli H-Block di Long Kesh divennero rapidamente simboli di resistenza repubblicana e della lotta per l’indipendenza dell’Irlanda. Le proteste dei prigionieri per ottenere il riconoscimento come prigionieri politici, culminate nello sciopero della fame del 1981, consolidarono il senso di identità nazionale tra i sostenitori della causa repubblicana. La morte di Bobby Sands e degli altri nove prigionieri in sciopero della fame alimentò la solidarietà internazionale e rinvigorì la causa irlandese, aumentando il supporto per l’IRA e la sua lotta contro il dominio britannico in Irlanda del Nord.
MacGowan esprime esplicitamente il suo appoggio alla causa irlandese in molte canzoni.
In If I Should Fall From Grace with God, la title track del loro terzo album, a un certo punto sputa:
“Questa terra è sempre stata nostra
Era la terra orgogliosa dei nostri padri
Appartiene a noi e a loro
Non a nessun altro”
Molto più sottile, ma forse ancora più radicale, il testo di Billy’s Bones, dal loro secondo album.
Billy è un teppistello da quattro soldi, che dopo aver picchiato e forse ucciso un poliziotto, per salvarsi dalla galera accetta di arruolarsi nell’esercito e viene mandato nella Palestina pre 1948, sotto il mandato britannico.
“Billy partì con il Contingente di peace-keeping
Perché ovviamente non disdegnava un buon combattimento sanguinoso
Perciò se ne andò in un furgone color cachi verso le sponde del Giordano”
Durante questa “missione di pace”, finalmente Billy può sfogare tutta la sua violenza e, se in Patria “sapeva distinguere i tifosi dell’Arsenal dai blu del Tottenham (chiamati anche gli ebrei, NdA)” qui ha licenza di uccidere tutti:
“Billy vide gli arabi e li fece scappare
Quando li ebbe nel raggio d’azione del suo mitra
Poi aveva gli israeliani nel mirino, fece un ra-ta-ta
E loro corsero proprio come gli sciiti”
Infine Billy muore e sua madre piange, ma del resto, osserva Shane, “ci sono madri che piangono in tutto il mondo per i loro figli e le loro figlie morte”.
Billy potrebbe essere un proletario inglese, scozzese o irlandese, ma poco importa: l’esercito coloniale britannico utilizza la sua violenza come strumento verso gli oppressi e lui, prestandosi a questo meccanismo, diventa a sua volta oppressore.
Tornerà brevemente a parlare del Levante Christmas Lullaby:
“Questo è per tutti i bambini
che non hanno vestiti
Questo è per tutti i bambini
che non hanno una casa
È Natale in Palestina
È Natale a Beirut
Stanno litigando per il riso
Non per tutti i frutti”
Shane ha scritto altre grandi canzoni contro la guerra come Lorca’s Novena, tratto dall’ultimo album in cui canta nei Pogues Hell’s Ditch (1990).
È il racconto dell’esecuzione di Federico García Lorca (1898-1936), poeta spagnolo repubblicano, per mano dei fascisti di Francisco Franco.
Shane torna sulla guerra civile spagnola, con cui lui e tutti i nazionalisti irlandesi di sinistra hanno un legame speciale.
Negli anni ‘30, infatti, l’IRA dell’Ulster si scinde in due posizioni politiche molto differenti: le blueshirts, di ispirazione fascista, e i socialisti guidati dal già citato Frank Ryan.
Questi ultimi, allo scoppio del conflitto in Spagna, si uniscono alle Brigate Internazionali per respingere il colpo di Stato franchista, andando a formare la Quinta Brigata.
Uno dei più famosi cantautori repubblicani irlandesi, Christy Moore, nel 1984 scriverà il brano Viva la Quinta Brigada, ancora oggi cantata dagli antifascisti di tutto il mondo.
Ed è proprio a Moore, suo grande amico, che Shane donerà uno dei suoi più bei testi indipendentisti, Aisling, che in gaelico irlandese significa “Sogno”:
“Benedici il vento che scuote l’orzo,
Maledici la vanga e maledici l’aratro
Ho contato anni, settimane e giorni,
E vorrei tanto essere con te ora
E il vento soffia da Nord e Sud,
A Est E a Ovest
Sarò come il vento, amore mio,
Perché non conoscerò pace finché non tornerò da te”
Il 15 ottobre 1988 i Pogues si esibiscono nel programma “Friday Night Live” di Channel 4 per promuovere If I Should Fall. Non scelgono di cantare la title track, né l’allegro pezzo Fiesta, né Fairytales of New York, ma attaccano Streets of Sorrow/Birmingham Six:
“Sei uomini a Birmingham, a Guildford quattro
Che sono stati presi e torturati e incastrati dalla legge
La feccia ha ottenuto una promozione, invece loro stanno ancora scontando la pena
per essere stati irlandesi nel posto sbagliato e al momento sbagliato”
Il pezzo viene oscurato dalla pubblicità e i Pogues bannati dalle radio inglesi.
I Sei di Birmingham erano sei uomini irlandesi che vennero condannati all’ergastolo nel 1975 per l’attentato della PIRA a due pub di Birmingham del 21 novembre 1974. I Guildford Four, invece, furono altri quattro ragazzi che furono messi in carcere lo stesso anno con l’accusa di avere piazzato un ordigno davanti a un pub di Guildford. In entrambi i casi le confessioni saranno estorte con la tortura e, dopo anni, verranno liberati anche grazie a un grosso movimento di solidarietà. La storia dei Guildford Four è raccontata nel bel film di Jim Sheridan In the Name of the Father (1993).
“Spero che le puttane dell’impero non riescano a dormire
Mentre sudano e contano i peccati che si portano sulla coscienza
Mentre in Irlanda altri otto uomini giacciono morti
Dopo essere stati presi a calci e fucilati alla nuca”
Gli ultimi versi si riferiscono a otto militanti della PIRA giustiziati a freddo dagli Special Air Service britannici poche settimane prima.
Farà ancora più discutere il suo brano coi Popes del ‘97, Paddy Public Enemy Number 1, esplicitamente ispirato alla vita di Dominic Mcglinchey.
Classe 1954, Dominic fu uno dei tanti giovani nordirlandesi che si unirono alla PIRA dopo aver sperimentato sulla propria pelle le carcerazioni preventive dell’esercito inglese contro i cattolici sospettati di terrorismo.
All’inizio degli anni ‘80 si unisce all’INLA diventandone uno dei dirigenti, e facendosi conoscere per alcuni attacchi contro i lealisti, talmente spietati da valergli il soprannome di “Mad Dog”,
Verrà ucciso nel ‘94 da probabili rivali, in un’epoca caratterizzata da faide continue fra i gruppi repubblicani.
Alle polemiche che seguiranno la pubblicazione del pezzo, MacGowan risponderà solo: “Non è un pezzo che celebra la violenza, volevo solo raccontare una storia. Cosa penso di Mcglinchey? Beh, sai, secondo me fu un grande uomo”.
Lo stesso anno Shane scriverà una lettera ai suoi fan irlandesi, scrivendo: “Sogno ancora una Irlanda unita, repubblicana e socialista.”
Oggi MacGowan è ricordato per le sue splendide canzoni, per la sua simpatia o per i suoi eccessi, ma raramente per la forte valenza politica delle sue parole e della sua musica.
In quest’epoca in cui gli Stati coloniali stanno mostrando il loro volto più aggressivo e genocida, le sue parole sono più necessarie che mai.
In The Snake with the Eyes of Garnet, tratta dal suo primo album con I Popes del ‘94, Shane immagina di essere catapultato a inizio ‘800 davanti a un patibolo dove un ribelle irlandese sta per essere giustiziato.
Quest’ultimo gli dice:
“Prendi questo serpente dagli occhi amaranto
Che mi ha donato mia madre
Un serpente che non può essere catturato
Né ridotto in catene
Un serpente che non può essere torturato Impiccato o crocifisso
Ha attraversato i secoli
Appartiene a me e a te
Quindi continua a tramandarlo
Finché tutta l’umanità sarà libera”.
Questo serpente Shane MacGowan l’ha cantato. Oggi è in mano ai ribelli in Palestina, in Sahel, in Irlanda e ovunque ci sia chi lotta per la libertà.
In copertina, murale di MacGowan a Tipperary
Luca Gringeri è giornalista e divulgatore culturale. È fra i fondatori di Neutopia, redattore della rubrica di critica letteraria e direttore responsabile dell’omonima rivista. È stato attivista per i diritti dei migranti e dei detenuti e ha curato opuscoli di approfondimento politico con il blog collettivo Barbarie.
