Addict Ameba | La battaglia di Casoretto

“Dove sono le armi
io non conosco
che quelle della mia ragione
e nella mia violenza
non c’è posto
neanche per un’ombra d’azione.”

(P.P.P.)

Gli Addict Ameba sono un concentrato di moltitudini, portare brandelli di ogni elemento del gruppo all’interno di una comunicazione comunitaria, nelle sonorità ethno-jazz, funky, quel tribalismo intrinseco in ognuno di noi, che abbiamo sempre vivo come il fuoco ancestrale della tribù dei pastori Himba in Namibia, acceso al loro dio Mukuru ininterrottamente. Con loro siamo proiettati in una danza propiziatoria, come se dovessimo invocare la pioggia in un deserto metropolitano, siamo in un film di James Bond, siamo in una scena in cui c’è sempre un party, c’è sempre una bella donna e c’è sempre dell’ottimo champagne da bere, che se ci fermiamo a riflettere, non esiste uno champagne che non sia ottimo.

All’ascolto hai solo voglia di essere alla guida di una Aston Martin DB10, felice, con i tuoi calici di champagne, sei quasi pronto per essere il protagonista della prossima campagna pubblicitaria di profumo di Dolce & Gabbana girata a Capri in un settembre che porta ancora i suoi limoni. Loro ti fanno sentire così, vivi, energici, rampanti, spregiudicati, sopra le regole, il loro ritmo è travolgente, ti avvolgono come una sciarpa fuori stagione. E tu sei lì, che ti lasci andare, sbronzo di musica, e non capisci che sta tutto per finire in modalità Caosmotica.

Il loro ultimo album, dopo Panamor che li ha visti all’esordio, uscito ad aprile per La Tempesta / Black Sweat Records è Caosmosi, la crasi perfetta tra caos e cosmos, ordine e disordine, o forse la crasi tra caos e osmosi, il dissolversi del caos nel mondo, questo unico grande respiro umano, plasmato ed educato dal caos, da questo tumulto sotterraneo che scorre dentro ognuno di noi. Diveniamo in Caosmosi tutti gemellati, in una fratellanza/sorellanza che non contempla la diversità. Caosmosi è un ponte, è una fune, è il punto A e il punto B attraversati da una retta, è un piccione viaggiatore che porta lettere tra amanti, è una mano tesa a farti alzare dopo una caduta improvvisa o spietatamente preventivata. Sette tracce per sette ascolti, sette tracce per le sette virtù, sette tracce per far parte del Caosmosi degli Addict Ameba.

Gli Addict Ameba in concerto (Foto di Domenico Lops)

L’album si schiude all’ascolto con Look At Us, brano che porta il testo di Joshua Idehen, artista britannico di origine nigeriana, che vive in Svezia, esponente di rilievo della scena spoken word internazionale. È una poesia che parla del nostro combattere una guerra quotidiana fuori e dentro di noi, un’abitudine ormai consolidata da strati di storia che ci precedono, ma, questo grande ma che ci ferma e ci fa capire che possiamo invertire la rotta, che possiamo toglierci da questo loop, che possiamo invertire la marcia, che possiamo deporre le armi, che il vento soffia fortissimo, e noi possiamo essere una foglia che rimane attaccata all’albero, non per sopravvivenza,  per vivere liberamente, ciò per cui forse siamo sempre stati destinati a esserlo e possiamo farlo anche partendo un giorno a fare musica dal quartiere milanese di Casoretto.

Tutti insieme preghiamo.

Look At Us (feat. Joshua Idehen)

“Look at us men,
fighting a war,
on several fronts
without and within.

Look at us men,
fighting a war,
on several fronts
without and within.

Look at us men,
fighting some war
with all of the weapons
that we have inherited
from our fathers, from our brothers,
from our mothers, from ourselves
look at us men,
fighting some war

Brother,
we have got to find a way
to get on top our hurting
the way we took our pain
and made a church of it
call it coping                   
call it worship
raise our voices
to the chorus.

We way we took our pain
and fashioned it into a sonnet
recited at the summit of our damages.
Look at me, wicked and bad
big and broad chested
the most twisted like a pretzel
proud of my poisons
ignoring all the seeping
shoving my true feelings
into corners for safe keeping.

Is this your masculinity
or your trauma speaking?
Maybe you’ve said some
unfortunate things
to yourself.

It’s too late
your heart isn’t in
the right place
nobody wanna
see your face
in a site of grace
but I’m telling you
brother that’s far from the case
you belong
you are valued
the winds behind you are still strong
and i know you’re hurting
and everyone’s hurting
and everyone’s trying
and you must try
the sun still holds the sky
but we are running out of time
with the Same old same old
Isn’t gonna fly my guy
In fact same old same old
has been the problem
for a while I mean

What are you going to do
with all of your weapons
when your hurting
comes to you as a song
and you cannot deny
the melody
and you’re undone
by the words
and all you can do
Is hum?

(Joshua Idehen)

Guardaci

Guardaci, siamo uomini
che combattono una guerra
su vari fronti,
fuori e dentro di noi.

Guardaci, siamo uomini
che combattono una guerra
su vari fronti,
fuori e dentro di noi.

Guardaci, siamo uomini
Che combattono guerre
Con tutte le armi
che abbiamo ereditato
dai nostri padri, dai nostri fratelli,
dalle nostre madri, da noi stessi.
Guardaci, siamo uomini
che combattono delle guerre

Fratello,
dobbiamo trovare un modo
di superare il nostro dolore.
abbiamo preso la nostra sofferenza
e ne abbiamo fatto una chiesa
forse per superarla
o forse per adorarla
leviamo le nostre voci
in un coro.

Abbiamo preso la nostra sofferenza
e l’abbiamo trasformata in un sonetto
recitato al vertice dei danni subiti.
Guardami, malvagio e cattivo
alto, il torace possente
contorto come un pretzel
fiero dei miei veleni
noncurante del sangue
ficco negli angoli
i miei veri sentimenti
perché siano al sicuro.

È la tua mascolinità che parla
o i traumi che hai subito?
Forse ti sei detto
parole infelici.

E ora è troppo tardi
il tuo cuore non è
al posto giusto
nessuno vuole
vedere la tua faccia
in un luogo di grazia
ma io ti dico,
fratello, che le cose non stanno così
tu non sei escluso
sei stimato
i venti alle tue spalle soffiano forte
lo so che soffri
che tutti soffrono
che ciascuno ci prova
e anche tu devi provarci
il sole riempie ancora il cielo
ma non ci resta più molto tempo
è lo stesso vecchio, lo stesso vecchio
e non volerà via, amico
è lo stesso vecchio, lo stesso vecchio
problema
ed è già qui da un po’

Che cosa intendi fare
Con tutte le tue armi
Quando il tuo dolore
Si presenta come una canzone
E tu non puoi negare la melodia
E le parole ti distruggono
E non ti resta
che canticchiare?

Traduzione di Maria Giulia Castagnone

Videoclip di Look at Us, a cura di Red Lights Video
Testo e voce di Joshua Idehen
Musica di Addict Ameba
La Tempesta/Black Sweet Records, 2024

Gli Addict Ameba sono: Lorenz (chitarra) – Davide Boselli (basso) – Alexandre Cayuela Castilla (percussioni) – Paolo Cerruto (voce, percussioni) – Lorenzo Faraò (sax) – Julie Ant (batteria) – Edoardo Leveratto (tromba) – Beatrice Montinaro (percussioni) – Niccolò Pozzi (trombone) – Thomas Umbaca (tastiera).

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