Alberto Bile Spadaccini | Una sera a Mostar

Se prendi il treno pomeridiano da Sarajevo, troppo tardi per ammirare il paesaggio, e arrivi una sera di novembre a Mostar, se esci dalla stazione annerita, la lasci alle spalle scura e umida e vai verso il centro per una strada semideserta – bar chiusi o in chiusura, piccoli capannelli di tifosi da schermo, studenti che tornano a casa – passi un ponte, ne passi un altro, e, proprio perché è novembre, puoi lasciare la valigia in una locanda: un posto vicino al ponte di Mostar, proprio lui, il simbolo del villaggio.

La guerra, l’azione umana più orribile

L’atmosfera festiva tanto attesa è stata dominata dall’opposto: un’atmosfera molto tesa, con un focus nella Città Vecchia. Sono stati lanciati razzi anche nella parte sud-ovest del paese, dopo una pausa di quattro mesi. In precedenza, due razzi erano stati lanciati il 1° gennaio dalla Striscia di Gaza verso la costa di Tel Aviv. Allora chiamai un’amica per assicurarmi che stesse bene, e mi rispose: “Oh, non è niente, è così di tanto in tanto.” Capii che ci era abituata.