Mᴏʟɪɴᴏᴘᴏʟʏ

Partenza

Io e Matteo ci siamo traferiti in Via Biella a Febbraio. Quando siamo andati a visitarla per decidere se prenderla in affitto, la casa si presentava malmessa e necessitava di interventi a causa di lavandini gocciolanti, tapparelle rotte, impianto elettrico non a norma, cucina da sostituire e altri piccoli guasti, ma l’agenzia che si occupava dell’alloggio ci ha assicurato che ogni lavoro sarebbe stato terminato prima del nostro ingresso. All’epoca io facevo l’istruttrice di nuoto, Matteo lavorava come cameriere in un ristorante e avevamo urgenza di trovare una sistemazione prima della fine del mese, così ci siamo affidati alle promesse dei responsabili. Versiamo tre mensilità di caparra, paghiamo il mese entrante e firmiamo il contratto. Il primo di febbraio siamo entrati in casa, ma con nostro scontento, abbiamo scoperto che nessuno dei lavori dovuti era stato portato a termine: la camera da letto era semibuia per via di una tapparella guasta, il lavandino della cucina e lo sciacquone del water perdevano più di 100 litri d’acqua al giorno – così, per sopperire al consumo, eravamo costretti ad aprire e chiudere di continuo la valvola generale – l’acqua calda non c’era, dal muro del bagno pendeva ancora la vecchia tappezzeria gialla e umida.
– Certo che, se fossi stato in voi, non avrei mai preso una casa in quelle condizioni – ci dirà poi l’avvocato a cui ci siamo rivolti.
Niente di più vero, ma a breve io avrei dovuto lasciare la casa in cui stavo e avevo urgenza di trovare un’altra sistemazione. In più, un’istruttrice di nuoto e un cameriere – non certo per loro volere – trovano allettanti gli affitti economici.

Stai fermo un giro

Passato un mese, ancora nessun intervento. L’agenzia ha ignorato le nostre continue richieste e ha continuato a procrastinare gli interventi. Mentre aspettiamo quanto dovuto, scopriamo un problema ancora più grave. Non avevo mai visto le Cimes lectularius – cimici dei letti – ma quando ho raccolto tra le mani quel piccolo insettino che si arrampicava sulla gamba di Matteo, ho capito subito di cosa si trattasse. Erano diverse mattine che mi svegliavo con punture rosse sulla pelle, prudevano e bruciavano e lasciavano cicatrici visibili, così faccio una ricerca e confronto l’immagine che trovo su Google con il corpo di quell’esserino. Controlliamo il materasso e lo scheletro del letto da cima a fondo: sul materasso ci sono le macchie nere delle feci e tra le doghe del letto ci sono i nidi, si contano almeno un centinaio di chicchi con le antenne. Disperati, la mattina dopo contattiamo l’ufficio per richiedere una disinfestazione urgente. Nessuno risponde, e purtroppo, uscire per recarsi direttamente in amministrazione o agli uffici di igiene è impossibile: marzo è passato da un pezzo, siamo in quarantena, uffici chiusi e impossibilità di uscire se non per estrema necessità.

Al numero della ditta per la disinfestazione che l’agenzia – finalmente – ci consegna, risponde la risata di un impiegato.

– Noi non lavoriamo più per GM. Quello non paga. Mi dispiace, ma dovrete rivolgervi a qualcun altro. Ma nessun’altra ditta viene chiamata per intervenire. Le punture non fanno che aumentare e la mia condizione di salute peggiora perché lo sfogo sulla pelle sembra degenerare in allergia. Non posso neanche richiedere una visita dermatologica a causa dell’emergenza sanitaria. Prendo degli antibiotici e la situazione sembra calmarsi.

Paga le tasse


Io e Matteo avremmo pagato personalmente un’impresa per la disinfestazione, ma – al di là del fatto che una spesa di questo genere è di competenza del proprietario – a causa dell’emergenza Covid-19 perdiamo entrambi il lavoro e non abbiamo possibilità di sostenere una spesa così ingente.
È un periodo molto duro: non c’è nessuna entrata, i sussidi tardano ad arrivare e comincia a diventare difficile anche solo fare la spesa. Nonostante le pessime condizioni in cui siamo costretti a vivere, io e Matteo vogliamo essere il più corretti possibili con l’amministrazione e la proprietà. Mandiamo quindi una mail in cui avvisiamo della situazione, chiedendo di avere pazienza per le morosità accumulate e rassicurando che presto verrà saldato quanto dovuto. E infatti così facciamo, dato che il primo sussidio entrato lo investiamo per pagare il debito del riscaldamento. Il nostro primo respiro è andato a GM, che gentilmente – lui o chi per lui – dopo due mesi, risponde così:

Vai in prigione

La mattina dello stesso giorno in cui arriva questa mail, la postina ci consegna una busta verde. Dentro, un foglio A5 piegato in tre parti ci comunica un’udienza in tribunale per il luglio 2020 in cui si discuterà dello sfratto.
Il comitato Prendocasa Torino ci ha accompagnato e sostenuto durante tutto il percorso e ci ha mostrato che quella dello sfratto è una realtà che ha toccato molte persone, anche di diversa età e condizione. Angela, per esempio, vive con Angelo, il figlio, e lavora per entrambi perché lui è invalido. Quando scatta la quarantena, lei perde il lavoro e sono costretti a pagare l’affitto usando la pensione di Angelo. Ma la spesa di 900 euro per 30 mq diventa presto insostenibile, e bastano pochi mesi di morosità per essere cacciati via dalla proprietà.

Sara (30 anni), invece, vive con la madre, il padre e il fratello, lotta contro lo sfratto perché l’alternativa è vedere la sua famiglia separata: la madre e il padre invalido finirebbero in una soluzione abitativa temporanea, mentre lei e il fratello (entrambi maggiorenni) perderebbero ogni tutela e sostegno.

Pesca una carta

È grave che le istituzioni ignorino le realtà più umili, perché sono quelle in cui si rende più evidente la necessità di progresso: lasciare che i diritti si trasformino in lusso condanna la società tutta a un lento degrado.

“Non abbiamo più lavoro, i sussidi tardano ad arrivare e quando li abbiamo, non bastano per saldare i debiti, mangiare e pagare le bollette” diciamo all’avvocato che contattiamo alla ricerca disperata di tutele legali.

– È la legge – dice lui. – Il contratto è chiaro e non prevede per nessuna ragione sospensioni.
– E per quanto riguarda le inadempienze della proprietà? Ha visto le foto delle mie braccia e delle gambe, ho punture perfino sulle palpebre. Non possiamo far valere nulla riguardo a questo?
– Il fatto è che voi siete rimasti in casa. Mi spiego: se non avete abbandonato la casa, significa che il problema lamentato era sopportabile e l’appartamento abitabile.
Ma è stata una quarantena a costringerci in casa. Gli spieghiamo che non potevamo fare altrimenti.
– È la legge – ripete.

La cosa peggiore di tutta questa storia, è il senso di colpa che ti rimane appiccicato addosso, la vergogna per non aver scelto una casa migliore o per non avere abbastanza risparmi. Ma non c’è da vergognarsi se a causa di lavori poco remunerativi si sceglie un alloggio con affitto economico, e non c’è da sentirsi in colpa se non si riesce più a pagare l’affitto per una crisi che ha piegato migliaia di attività e persone. Era nostro dovere pretendere che gli accordi venissero rispettati, pretendere sicurezza, ribellarsi all’indifferenza delle istituzioni e denunciare l’arroganza che si è permessa di farci i conti in tasca.
Insieme al comitato di Prendocasa abbiamo sostenuto diversi presidi di fronte al Palazzo di Giustizia di Torino e dopo quasi quattro mesi di lotta, abbiamo vinto. Io e Matteo abbiamo deciso di lasciare la casa in Via Biella, per dimenticare definitivamente GM, ma nonostante la perdita dell’alloggio, è stato deliberato che non ci sarà nessun recupero crediti per le morosità rimaste in sospeso, e per noi che siamo ancora disoccupati, è stato un bel trionfo.
Vogliamo che la nostra esperienza sia un esempio per le persone che si trovano in difficoltà simili alla nostra, nella speranza di sovvertire – anche solo in piccola parte – quegli atteggiamenti comuni che tendono ad arrendersi con facilità di fronte all’arrogante dispotismo dei potenti e ricordare, invece, che l’umanità e la solidarietà al singolo devono rimanere il centro del sistema.

Illustrazioni di Matteo Napolitano

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