Il tentativo di soffocare una vibrazione spesso l’amplifica. È di questo ossimorico contrasto tra vibrazione e silenzio, movimento e quiete – nel quale è riassumibile la logica dell’universo stesso – che la creazione di VinnieMarakas, già autore dell’album Pour Les Enfants, si fa messaggera. Un morso sul legno. Una forza attutita, ovattata che proprio sotto il lenzuolo che tenta di coprirla rivela la sua animosità e potenza. La sua direzione è verso l’interno, a tentare di sondare ancora i linguaggi misteriosi del pensiero e della coscienza. Ne viene fuori un canto interiore svuotato dalla presenza di un Io lirico, abbandonato alle suggestioni infinite della mente. La musica nella quale il testo affoga e riemerge, nel frattempo, trascina melodicamente l’ascoltatore in questo oceano al di dentro, spingendo anch’egli/ella all’abbandono dell’Io in favore della sola vibrazione.
(Lorenzo Lombardo)
non riesco a pensare il silenzio pesare ogni minuto gelido che immobile mi trapassa
fermo e sazio d’ansia ascolto il frigorifero ansimare
intanto un lembo di muro bianco fa da specchio al tempio interno
neon serpeggiante tra i gusci d’uovo spezzati e visi di fumo pallido che forse ridono di me
neon serpeggiante tra i gusci d’uovo spezzati sommerso inverno immenso che spento resta tondo e incerto
quando a un tratto in fondo al buio intatto e terso un botto, cauto ma intenso fa il verso a un vetro infranto
ed io cado, ed io cado, ed io cado m’acquieto e muovo e cado e muovo e cado e muovo
Il metodo che ho sempre seguito è un’inesistenza di metodo. È così come viene. Trovo però irritante la tendenza dei miei scritti a divagare dal punto centrale che spesso è il punto d’inizio. Vi confesso che anche lì riprendere un tema all’interno di una stessa poesia a volte può essere frustrante ma è tuttavia utile ai fini della sua disossatura.
Riprendere un tema vuol dire erigerlo a topic da una parte, dall’altra, come un significante lacaniano, determina un grosso blocco psichico. Le tematiche saranno dunque vaghe e molteplici in ogni componimento.
Seconda caratteristica che trovo giusto evidenziare è l’importanza pittorica dei soggetti trattati. Ho come l’impressione di procedere d’immagine in immagine a volte, è la maniera più congeniale al presentarsi degli stati interni. Il simbolo è vago, il mio almeno è animato dalla speranza di sembrare collettivo eppure adombrato dalla consapevolezza della sua malsana soggettività.
Comunque ritengo che il suono del simbolo sia un simbolo ancora più lucente… c’è una catena magica di fondo nella produzione fonica degli uomini: il significante ed il significato hanno diritto di mergersi l’un l’altro perché esiste una comunicazione eccedente qualunque sistema semiotico, si esprime per lo più afonicamente superando Chomsky per andare dritto al punto.
Codesto è il linguaggio della coscienza, un linguaggio fatto di eterne associazioni tra stimolo e mondo interno, un linguaggio paranoico e subitaneo, non pensante, immaturo nella sua personale costruzione di indizi e vie proprie.
Le mie immagini tendono a non concludersi, non propriamente autodefinirsi e non per effetto letterario: sono spunti continui. Una catena impossibile di momenti iniziali, una processione di spazi numerici tra la zero e l’uno.
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